La chiusura di numerose attività economiche nelle regioni classificate con il rischio rosso e arancione per la decisione del Governo non è andata, purtroppo, di pari passo con un sostegno economico adeguato.
Quelli che sono stati mediaticamente annunciati come ristori fino al 400% hanno occupato le prime pagine dei giornali e il dibattito pubblico, ma vogliamo andare a vedere nel concreto che cosa significa?
Innanzitutto il ristoro si basa sulla cifra che era stata rimborsata alle aziende sulla base del Dl Rilancio, che prendeva come base per il calcolo del rimborso la differenza tra il fatturato del mese di aprile 2020 con il fatturato dello stesso mese 2019. Il rimborso era del 20% per le aziende con ricavi fino a 400mila euro, del 15% per quelle tra i 400mila e un milione, 10% per le aziende tra 1 milione e 5 milioni.
Ora il tanto sbandierato ristoro del 100%, 200%, 400% si basa sul contributo erogato in quella circostanza. Ovvero: se un’attività come un bar o una pasticceria, chiusa nel mese di aprile salvo delivery e asporto con decisione del Governo per abbassare i rischi di contagio da coronavirus, avesse avuto un calo del fatturato di 12mila euro, avrebbe avuto come rimborso il 20% di quel calo, ovvero 2.400 euro. Quella stessa pasticceria o bar si trova ad affrontare una nuova chiusura, e questa volta le viene rimborsato il 150% di quanto avuto all’epoca: 3.600 euro.
Nella difficoltà che tutto il Paese sta vivendo, è evidente che questo rimborso non copre nemmeno il calo di fatturato dello scorso aprile (3.600 + 2.400, 6mila euro). In mezzo ci sono stati sei mesi difficilissimi, un’estate che ha visto ingenti investimenti e grandi cali di fatturato per attività di tutti i settori.
Trovarsi ora dopo aver fatto investimenti per ridurre il rischio di contagi all’interno delle proprie attività (pensiamo a quei ristoranti che si sono dotati di protezioni in plexiglass e hanno rinnovato gli impianti di ricircolo dell’aria), nuovamente chiusi e senza la prospettiva di poter fare nulla per continuare con la propria attività è doppiamente un danno, perché impedisce anche ai più virtuosi di godere dei sacrifici fatti in questi mesi.
Inoltre la decisione calata dall’alto con una divisione in macro aree regionali, in una superficie vasta come la Lombardia, mette sullo stesso piano realtà ben diverse: se in una regione come il Trentino o la Val D’Aosta le situazioni possono essere considerate omogenee, ciò certo non vale per la regione in cui vivo, tanto più se come sembra le città più colpite a marzo come Bergamo e Brescia hanno tassi di contagio molto più bassi, dovuti sia a una maggiore responsabilizzazione dei cittadini dopo la tragedia vissuta in prima persona e, forse, a un grado di immunità collettiva più alto sviluppatosi nel corso del contagio.
Nell’ultimo consiglio dei ministri si sono decise con il Dl Ristori Bis la sospensione dei contributi previdenziali per le aziende danneggiate, l’estensione dei beneficiari dei contributi a fondo perduto, il credito d’imposta per gli affitti commerciali e il sostegno ai settori in crisi. Questo aggiunge 2,5 miliardi ai 5 miliardi del Dl Ristori, da vedere come saranno distribuiti e se davvero saranno sufficienti a mantenere i livelli produttivi e occupazionali di cui l’Italia ha disperatamente bisogno.